Rubrica “Lunedì al femminile”: ANATOMIA OCCULTA DELLA CLITORIDE

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Eccoci giunte al nono appuntamento della rubrica “Lunedì al femminile”, che esce ogni primo lunedì del mese (in fondo trovi i link per accedere agli articoli precedenti); e anche stavolta vorrei continuare a parlare di genitali esterni, portando l’attenzione sulla clitoride.
Infatti, sembra che ci sia ancora troppa ignoranza su di lei, sia da parte di molte donne che molti uomini, dovuta non solo ai retaggi delle false credenze e dei luoghi comuni circolati per secoli, ma anche alle rappresentazioni incomplete, o addirittura assenti, dei libri.

Per esempio, nel 2016 l’Haut Conseil à l’Egalité (HCE), un ente del governo francese che controlla e fa proposte sulla parità di genere nella politica, nell’economia, nella cultura e nella società, aveva scritto nel suo rapporto sullo stato dell’educazione sessuale nel paese che un quarto delle ragazze di 15 anni non sapeva nemmeno di avere una clitoride e che l’83% ne ignorava comunque la funzione.
Ma non c’è da stupirci visto che generalmente la clitoride viene mostrata solo nella sua parte visibile e non c’è alcuna informazione o scheda che dica come sia fatta internamente. Questo vale per la maggior parte delle immagini stampate nei libri di scienze delle scuole medie e superiori nei capitoli dedicati all’apparato genitale femminile; e nelle spiegazioni che accompagnano le immagini, spesso non si trova alcun riferimento alla clitoride.

Partiamo dall’etimologia della parola clitoride: molti studiosi sostengono che questo termine sia connesso con il termine greco “klitys”, che significa “collinetta, declivio”, richiamando quindi il monte di Venere; alcuni ritengono invece che sia legato al greco “kleitos”, che significa “rinomato, splendido, eccellente”, mentre altri chiamano in causa il verbo greco “kleiein” (chiudere) o la parola greca “kleis” (chiave), richiamando l’immagine della clitoride come un qualcosa che si deve aprire per attraversare la soglia del piacere. Un altro nesso possibile è quello con l’olandese “keest”, che significa “nocciolo, nucleo”.
Comunque, la parola fece la sua apparizione come termine anatomico nel I secolo d.C. negli scritti di Rufo di Efeso, nei quali Rufo spiegava anche che “clitoride” diede origine al verbo “clitorizzare”, con il significato di “fare voluttuose carezze alla clitoride”.

Diverse descrizioni antiche includono espressioni associate al piacere sessuale, come ad esempio “amoris dulcedo” (dolcezza dell’amore), “sedes libidinis” (sede del piacere), “oestus Veneris” (pungolo di Venere), “Wollustorgan” (organo dell’estasi) e “gaude mihi” (dammi gioia).
Quindi espressioni che ci aiutano a creare un’immagine poetica e sognante della clitoride. Ma poi ci scontriamo con la definizione odierna che troviamo nel dizionario Treccani, e l’immagine poetica diventa subito piatta: “in anatomia, organo erettile femminile impari e mediano, omologo al pene virile, però rudimentale, situato nell’angolo anteriore della vulva”.

Ad ogni modo, nessuna di queste definizioni ci aiuta a capire com’è veramente fatta la clitoride, e direi che comunque non è certo un residuo, come se fosse un pene informe o inefficiente!
Per esempio, in medicina cinese la clitoride è detta Yin Jing “Asta dello Yin”: Jing denota qualcosa che è dritto e rigido, inflessibile e fermo, qualcosa che è duro, che si irrigidisce; ed è uno dei termini adoperati anche per il pene. Infatti, durante l’eccitazione il sangue che irrora la clitoride la rende eretta, e questo accade perché i genitali maschili e femminili sono composti esattamente dalle stesse parti, solo organizzate in modi diversi.

Sia le ovaie che i testicoli hanno un comune punto di partenza, la cresta genitale, una piccola protuberanza di tessuto che si sviluppa durante le prime tre settimane di vita dell’embrione. Per soli quarantadue giorni l’embrione femminile e quello maschile sono indistinguibili, poi cominciano a differenziarsi sessualmente grazie alle istruzioni chimiche che ricevono dai geni contenuti nei cromosomi sessuali, e la cresta genitale si trasformerà in ovaie o testicoli.
Anche i genitali esterni femminili e maschili hanno uno stesso punto di partenza, il tubercolo genitale, che può essere già individuato alla quarta settimana di vita dell’embrione. Poi, grazie al cocktail di ormoni cui è esposto il feto in utero, i genitali cominciano a formarsi e tra la dodicesima e la quattordicesima settimana il processo è terminato.

Come si può dedurre dall’immagine, le grandi labbra corrispondono allo scroto: il mix ormonale femminile fa sì che il rigonfiamento labio-scrotale si apra verso l’esterno e si arrotondi, mentre il mix ormonale maschile spinge lo stesso tessuto a raccogliersi e fondersi fino a formare la linea mediana del pene e dello scroto (quella sorta di cicatrice che corre per tutta la lunghezza del pene e del sacco scrotale).
Il pene consta di tre parti principali, l’uretra, il corpo spugnoso e i corpi cavernosi: l’uretra è il canale attraverso il quale passa l’urina dopo esser uscita dalla vescica, il corpo spugnoso circonda l’uretra e corre lungo il pene, i corpi cavernosi sono un ricordo della primitiva vita embrionale, durante la quale i due bulbi di tessuto spugnoso si sono fusi insieme. E anche nei genitali femminili troviamo queste tre parti: l’apertura uretrale si trova sopra l’apertura vaginale e subito sotto la corona della clitoride; l’uretra è avvolta da tessuto spugnoso, a sua volta connesso con una struttura bulbosa che si divide in due rami che si estendono per alcuni centimetri su entrambi i lati dell’apertura uretrale.

Durante l’eccitazione sessuale il tessuto spugnoso erettile viene intensamente irrorato di sangue e diventa turgido e poroso, ma l’erezione del pene avviene grazie ai corpi cavernosi. Questi corpi cavernosi corrono lungo tutto il pene, dividendosi in corona (sotto la superficie del glande), asta e crura (due corte radici che si trovano alla base). Il tessuto spugnoso femminile è analogo a quello dell’uomo e si comporta nello stesso modo, ma è più diffuso.
La clitoride si trova alla testa dei genitali esterni femminili, ma si estende in profondità e le sue radici abbracciano tutto il canale vaginale. Ha la forma dell’undicesima lettera dell’alfabeto greco, λ (lambda): la punta è ricurva e sporgente (corona), poi c’è il fusto (asta), quindi si biforca in due radici (crura). Pertanto, possiamo vedere la similitudine con il pene.

Quindi è chiaro che la parte esterna della clitoride è solo una minima parte, mentre la parte più grande rimane all’interno, nascosta. La parte interna può arrivare a misurare anche dieci centimetri di lunghezza e tra i tre e i sei centimetri di larghezza; ha due radici e due corpi cavernosi che si estendono sotto le piccole labbra e che avvolgono l’entrata della vagina.
La clitoride è fatta dello stesso tipo di tessuto che costituisce i corpi cavernosi dell’uomo, e quando la donna non è sessualmente eccitata, la corona della clitoride è rivolta verso il basso, ma durante l’eccitazione il sangue che la irrora la rende eretta. Quindi di nuovo vediamo la similitudine tra la clitoride e il pene, però la clitoride si biforca molto di più, le sue radici sono più lunghe e la sua asta più corta; al contrario, i corpi cavernosi dell’uomo hanno radici più corte e l’asta più lunga.

Ma è davvero la clitoride ad essere un omologo del pene? L’autrice Catherine Blackledge sembra non essere d’accordo, infatti scrive: “La clitoride della donna (i suoi corpi cavernosi) è analoga ai corpi cavernosi dell’uomo (la sua clitoride). Ciò che rende furiosi è che questo fatto è stato riconosciuto in passato, ma ovviamente non è stato divulgato e non è mai divenuto patrimonio comune. Lo afferma con molta chiarezza il libro di Josephine Lowndes Sevely Eve’s Secrets: a new theory of female sexuality, pubblicato nel 1987, ma lo si può riscontrare anche negli antichi testi anatomici, in cui la struttura maschile viene detta corpora cavernosa clitoridis.”

Comunque sia, non credo sia così fondamentale stabilire quale sia dei due ad assomigliare all’altro, ma piuttosto trovo veramente importante che tutte e tutti, donne e uomini, abbiano un’immagine mentale chiara di come sia veramente la clitoride, sia per capire cosa succede quando si stimola, ma anche per comprendere il suo ruolo chiave.
Forse per alcune donne può essere l’opportunità per liberarsi dal senso di vergogna o dal pensiero di non essere normali se il rapporto di penetrazione per loro non è soddisfacente, e magari per gli uomini può essere l’opportunità per comprendere meglio cosa possono fare per dar piacere alle donne.

Ahava, Francesca Zangrandi

  1. Il prossimo appuntamento di questa rubrica sarà il primo lunedì di ottobre, ma se nel frattempo vuoi rimanere aggiornata sui vari articoli che pubblico sul blog puoi iscriverti alla newsletter sul sito www.quintadimensione.net, mettere “Mi piace” alla pagina Facebook Quinta Dimensione – Francesca Zangrandi o seguirmi su Instagram https://www.instagram.com/francesca_quintadimensione/. E se invece credi che questo articolo possa interessare a qualcuno di tua conoscenza, puoi condividerlo. Grazie di cuore!

Uscite precedenti della rubrica “Lunedì al femminile”:
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