Rubrica “Lunedì al femminile”: COSA SUCCEDE CON IL CORDONE OMBELICALE E LA PLACENTA?

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Quattro anni fa iniziava questo progetto della rubrica “Lunedì al femminile”, che esce ogni primo lunedì del mese, quindi siamo giunte al quarantanovesimo appuntamento.
Da diversi mesi parliamo di gravidanza, travaglio e parto, e il mese scorso abbiamo iniziato a parlare della placenta, l’unico organo temporaneo che abbiamo (si forma solo durante la gravidanza) e l’unico che si condivide tra due individui (mamma e feto).

Abbiamo già spiegato che la placenta è un organo multifunzionale che provvede ai bisogni del feto in utero, ma anche che diverse culture ne fanno un simbolo.
Nella nostra società, invece, come trattiamo la placenta? Cosa ne facciamo una volta espulsa?

Innanzitutto, andiamo a vedere cosa accade alla nostra placenta: come abbiamo già detto, la placenta continua a crescere fino al parto e alla fine del processo ha la forma di un disco che da una parte si attacca per tutta la sua superficie all’utero materno e dall’altra i capillari del disco si uniscono per confluire nelle vene e nelle arterie del cordone ombelicale.
Poi avviene il parto, che non si conclude con la nascita del bambino, ma con un’ultima fase chiamata secondamento, nella quale avviene il distacco e l’espulsione della placenta dalla cavità uterina.

Questa fase finale consiste nell’ultima, forte contrazione spontanea che consente l’espulsione della placenta dopo la nascita del bambino e di altri annessi fetali, come le membrane che compongono il sacco amniotico ed il liquido amniotico. Solitamente questa fase avviene in modo spontaneo entro mezz’ora dal parto, ed è importante che non rimangano residui, perché potrebbero dare origine ad infezioni. Quindi l’ostetrica si assicura che la placenta sia integra e che non ci siano frammenti o altri residui non fuoriusciti, altrimenti bisognerà eseguire una ripulitura dell’utero.

Nei parti che avvengono in ospedale, dopo la sua espulsione, la placenta viene considerata un rifiuto biologico e viene gestita come tale. Spesso non viene nemmeno mostrata alla partoriente, a meno che non sia lei a chiedere di volerla vedere.
Eppure, la placenta è ciò che permette al bambino di rimanere in vita durante la gestazione. E abbiamo visto che in alcune culture è considerata l’anima o la gemella del bambino. Lo stesso cordone ombelicale è ciò che permette la connessione tra la madre e il suo bambino.

Perché abbiamo così tanta fretta a tagliare il cordone ombelicale?
A interrompere drasticamente questa connessione e questo passaggio di sangue?
Perché gettiamo la placenta senza onorarla e rispettarla?

Se pensiamo alla vita umana come a una pianta di loto dove la Placenta è la radice, il cordone è il gambo e il bambino è il fiore e il frutto, forse proprio annaffiando la radice che si trova nel cuore potremo dare significato alla nostra vita. Nutrendo ciò da cui veniamo, possiamo trovare risposte su dove stiamo andando. Su questo pianeta malandato, in questi tempi difficili, facciamo in modo di abbracciare le nostre origini e nutrire il nostro potenziale, per poter illuminare la strada verso casa. – Ibu Robin Lim

Nei parti in casa, solitamente si aspetta un po’ di più a tagliare il cordone ombelicale. L’ideale sarebbe aspettare che smetta di pulsare: infatti, il cordone ombelicale continua a battere per dieci o trenta minuti se non viene tagliato, fornendo al bambino un sistema di ossigenazione di riserva, mentre il suo cuore e i suoi polmoni si adattano al passaggio dall’ambiente acquoso in cui è stato nutrito attraverso il flusso sanguigno della madre, all’ambiente arioso in cui i suoi polmoni devono espandersi e iniziare il processo di respirazione.
Pertanto, finché non smette di pulsare, il cordone ombelicale è un organo vivo e vitale, che contribuisce a far sì che il bambino riceva un volume di sangue sufficiente per l’irrigazione ottimale del cervello, dei polmoni e degli altri organi. Quando il volume del sangue del bambino è normale e i suoi polmoni si sono adattati a respirare, il cordone smette di pulsare da solo.

Ma poiché il parto viene spesso trattato come un’emergenza, questo periodo di transizione graduale viene solitamente interrotto con il clampaggio del cordone ombelicale subito dopo la nascita del bambino. Ossia, nascendo in questo modo, ci viene insegnato subito a trascurare i nostri ritmi interni e ad andare di fretta!
Inoltre, è ampiamente dimostrato che tagliare il cordone ombelicale troppo presto, soprattutto nei neonati prematuri o malati, può causare ipovolemia, una condizione di volume sanguigno insufficiente per l’irrigazione ottimale degli organi. E questo, non solo mette il bambino a rischio di sindrome da distress respiratorio e di danni cerebrali, ma comporta anche la necessità di trasfusioni nel reparto di terapia intensiva neonatale per sostituire il sangue che la placenta potrebbe fornire naturalmente attraverso il cordone ombelicale.

Quanto prima viene effettuato il clampaggio del cordone ombelicale, maggiore è la perdita di sangue e il danno. E ci sono studi che evidenziano che è anche uno dei principali fattori di causa della paralisi cerebrale, che può poi causare morte, ritardo mentale e disturbi del comportamento.
Inoltre, ci sono anche molte persone, tra cui anche medici ed ostetriche, che sono convinte che anche la placenta continui ad esplicare una funzione positiva nei confronti del neonato anche dopo che il cordone ha cessato di pulsare e ciò fino a che lo stesso non si sia del tutto seccato. Questa pratica, conosciuta come nascita Lotus o Lotus Birth, consiste nel non tagliare in cordone ombelicale, nel lasciare quindi lo stesso attaccato al neonato e nell’attendere, con alcune precauzioni, che il funicolo si secchi e si stacchi spontaneamente dal corpo del bambino.

Perché quindi avere fretta di tagliare il cordone ombelicale? Perché avere fretta di disfarsi della placenta? Perché non godere dei loro grandi benefici?

Nella contrapposizione culturale tra corpo medico e corpo sociale della donna, tipica della nostra società, medicalizzazione ed espropriazione sono metodi di controllo sul corpo e sulla psiche della donna, praticati da secoli. Privare la donna non solo dell’esperienza integrale della nascita, ma anche del testimone intrauterino della sua potenza generativa, la placenta, può assumere il significato di questo controllo. Ecco perché occorre un’autorità legale per restituire alle donne quello che già loro appartiene. – Verena Schmid

Inoltre, placenta e cordone ombelicale sono ricchi di cellule staminali!
Era il 1978 quando fu scoperto che il sangue del cordone ombelicale è una buona fonte di cellule staminali, e grazie a varie ricerche il cordone ombelicale via via venne usato per il trapianto. Il successo di questa procedura è confermato dal fatto che, da allora, oltre 30.000 trapianti di sangue del cordone ombelicale sono stati eseguiti in tutto il mondo. E gli scienziati continuano a cercare altre fonti di cellule staminali, così si è scoperto che per esempio si trovano anche nella placenta e nel sangue mestruale.

E in effetti, in molti casi, le placente seguono la via delle case farmaceutiche per la preparazione di prodotti cosmetici. Oppure è possibile è possibile la donazione della placenta per la ricerca sulle cellule staminali.
Ma perché non usarla per scopi terapeutici individuali e per la propria famiglia?

Per esempio, alcune partere o alcune ostetriche che seguono parti in casa fanno ingerire un piccolo pezzetto della placenta alla partoriente, spesso facendone un frullato, perché è stato dimostrato che aiuta a ridurre il sanguinamento postparto. Ma ci sono tantissime modalità in cui possiamo usufruire dei benefici della placenta: per esempio, può essere trattata al fine di elaborare dei rimedi naturali da somministrare alla madre e al bambino per parecchio tempo dopo la nascita.
Quindi perché eliminarla come rifiuto sanitario?

Come vediamo, c’è moltissimo da dire sulla placenta, quindi ne parleremo ancora. Però, visto il suo profondo significato simbolico e i suoi grandi benefici, credo sia molto importante iniziare a dedicarle la dovuta attenzione anche nei corsi di preparazione al parto.
Ahava, Francesca Zangrandi

PS. Il prossimo appuntamento di questa rubrica sarà il primo lunedì di febbraio, ma se nel frattempo vuoi rimanere aggiornata sui vari articoli che pubblico sul blog puoi iscriverti alla newsletter, mettere “Mi piace” alla pagina Facebook, seguirmi su Instagram, iscriverti al canale YouTube e/o al canale Telegram. E se invece credi che questo articolo possa interessare a qualcuno di tua conoscenza, puoi condividerlo. Grazie di cuore!

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