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Eccoci qui, un nuovo anno è arrivato! Ci siamo lasciati alle spalle il 2021, un numero cinque (2+0+2+1=5), un anno di esplorazione e costante ricerca di nuove mete, di amore per la libertà e la sperimentazione; ed ora siamo entrati nel 2022, un numero sei (2+0+2+2=6).
Il sei è il numero della Dea, del femminile, dell’armonia e dell’amore; nell’antichità era consacrato a Giove e a Venere, considerato simbolo della bellezza e della perfezione (infatti, se sommiamo i numeri 1, 2 e 3, o se li moltiplichiamo, otterremo comunque il numero sei).

Graficamente il numero sei è rappresentato dalla stella a sei punte, conosciuta come Sigillo di Salomone o Stella di David: mentre la stella a cinque punte corrisponde alla dimensione microcosmica, all’uomo individuale, la stella a sei punte corrisponde alla dimensione macrocosmica, all’uomo universale. La stella a sei punte è formata da due triangoli equilateri intrecciati: il triangolo con il vertice verso il basso rappresenta l’Acqua e la Terra, ossia i due elementi più pesanti, che tendono verso il basso, mentre il triangolo con il vertice verso l’alto rappresenta l’Aria e il Fuoco, i due elementi più leggeri, che tendono verso l’alto.
Pertanto, esprime l’unione del Cielo e la Terra, e potremmo dire che il numero sei è il numero dell’armonia e che ci chiede di trovare un equilibrio tra materia e spiritualità.

Infatti, nell’Albero della Vita cabalistico, il numero sei è rappresentato dalla Sephirah centrale, Tipheret, la bellezza, che è posta a metà strada tra l’alto e il basso e tra destra e sinistra. Tipheret è la rivelazione della profonda bellezza insita nella creazione e quindi nel suo autore, e la vera bellezza per i cabalisti è quella fondata sulla verità; chi sperimenta la bellezza della verità, può sperimentare l’armonia e l’integrazione, ottenendo così la guarigione.
Nel corpo umano Tipheret corrisponde al cuore e alla capacità di amare incondizionatamente. E l’Arcangelo a cui è associata è Raffaele, il Maestro della guarigione, che nella tradizione cabalistica è conosciuto come Raphael: Resh-Aleph-Pe-Aleph-Lamed, il cui significato è “guarigione di Dio” o “Dio guarisce”.

Il 2020 ci ha portato la demolizione delle strutture fino ad allora conosciute, e nel 2021 abbiamo esplorato e sperimentato nuove possibilità, alla costante ricerca di nuove mete (dopotutto, l’archetipo legato al numero cinque è il Cercatore). Ora il 2022 ci invita ad un processo di guarigione.
E questa guarigione la otteniamo quando contattiamo veramente il nostro cuore, la nostra verità profonda, unificando tutte le polarità dentro di noi e arrivando all’unità.

Se prendiamo in considerazione le carte degli Arcani Maggiori dei Tarocchi, la carta VI è gli Innamorati: nel mazzo Rider Waite questa carta è raffigurato con Adamo ed Eva, il primo di fianco all’albero della vita e la seconda di fianco all’albero della conoscenza; tra i due, nell’alto del cielo, un sole splendente (Tipheret è associata al Sole) e l’Arcangelo Raffele che sembra benedirli dicendo loro che l’amore e l’unione sono la chiave per la guarigione.
Nella carta Adamo guarda Eva, e quest’ultima guarda verso l’alto: se associamo Adamo alla mente razionale, Eva a quella emozionale e l’Arcangelo Raffaele al sé superiore, il messaggio sarebbe quello di contattare il nostro cuore e le nostre emozioni, perché la mente razionale non può raggiungere uno stato di consapevolezza elevato senza la parte emozionale e le nostre vulnerabilità. E Adamo ed Eva sono nudi, ricordandoci l’importanza di essere sinceri e autentici, senza nascondere le nostre vulnerabilità ma facendone il nostro punto di forza; solo mostrando la nostra verità profonda, potremo spingerci verso l’alto e far emergere la parte migliore di noi. L’amore è l’opposto della paura: se non cediamo alla paura e decidiamo di seguire ciò che il nostro cuore desidera, la nostra verità profonda, sperimenteremo unione e guarigione.

Ma il 2022 lo potremmo anche considerare un triplo due, numero che ci parla di contrasti, dualità e separazione, sottolineando quindi la necessità di riconciliare gli opposti per ritornare all’unione, all’unità.
Il numero due negli Arcani dei Tarocchi è la carta della Papessa, conosciuta anche come la Sacerdotessa, la quale rappresenta l’illuminazione spirituale attraverso la sintonizzazione con il proprio intuito, ossia ci dice di cercare le risposte all’interno, diventando maestri di noi stessi; ci chiede di abbracciare il divino femminile onorando la connessione con la nostra intuizione e saggezza interiore, bilanciando ed integrando maschile e femminile all’interno di noi per poi trovare questa collaborazione del due anche all’esterno.

Infatti, nella carta la Papessa è seduta su un trono tra due colonne, una bianca ed una nera, che potrebbero essere paragonate allo yin e allo yang, ricordandoci che viviamo nella dualità e tutto ha una polarità, e che è importante uscire dall’individualità per tornare all’unione (dopotutto stiamo andando sempre più verso l’Era dell’Acquario, e l’Acquario tende al collettivo).
Poi ai piedi della Papessa si trova la luna, che ci parla di intuizione, ricettività, istinto, inconscio, emozioni… Anche se il suo volto è privo di espressione e non lascia trapelare nessuna emozione: come il pensiero, anche l’emozione è frutto di un’individualità, ma la Papessa si dissocia alla ricerca dell’unione. Quindi è come se questo numero due ripetuto ben tre volte ci costringesse a dare una nuova forma e una nuova lettura agli aspetti emotivi delle esperienze della vita, valutandoli all’interno del tutto e non solo guardandoli dal nostro singolo punto individuale. In altre parole, non fissiamoci solo su una parte della storia; entrambe le parti, se ben utilizzate e analizzate, danno un’immagine veritiera dell’insieme.

Non a caso, la sesta lettera dell’alfabeto ebraico è Vav, la cui funzione è la congiunzione: potremmo considerarla come una colonna vertebrale che unisce la terra e il cielo; la lettera che ci ricorda che possiamo irradiare la nostra luce solo nell’unione e nell’equilibrio. L’energia di Vav ci aiuta a ritrovare il nostro asse verticale, a rimanere in piedi con i piedi sulla Terra, il Sole nel cuore e la testa nel Cielo della coscienza universale. E questa potrebbe essere la definizione del Nuovo Umano verso la quale stiamo camminando.

Ed uno dei transiti che caratterizzerà il 2022 sarà la congiunzione di Giove e Nettuno nel segno dei Pesci: entrambi i pianeti si trovano già nel segno, ma si congiungeranno ad aprile; prima che si scoprisse Nettuno, Giove era il governatore dei Pesci, poi passò al Sagittario e Nettuno prese il suo posto, ma comunque non è cambiato il fatto che Giove qui può esprimere al meglio le proprie caratteristiche.
Nettuno è il dio degli oceani, dei mari e delle acque sotterranee, quindi rappresenta perfettamente le fluttuazioni emotive dei Pesci, ultimo segno dell’elemento Acqua; è il pianeta della fantasia, dei sogni, delle illusioni, del misticismo, ma anche dell’amore incondizionato, quindi ci ricorda che non ci sono confini, tutto è uno, e ci insegna che per avanzare dobbiamo lasciare il controllo e fluire con la corrente, con la vita. Giove, il re degli dei, è espansione, ci invita ad aprire la mente e dilata tutto ciò che esiste all’interno dell’archetipo che tocca.

Il segno dei Pesci è l’ultimo dello zodiaco, quello che si trova nel varco tra l’inverno e la primavera, tra gli ultimi aliti gelidi e i primi raggi caldi del sole, quindi chiude un ciclo e ne riapre un altro, o meglio ne pone le basi e i presupposti. Rappresenta sia l’inizio che la fine, la realtà e la visione, spirito e materia.
E a ricordarci che segna un passaggio da una fase all’altra, chiudendo un ciclo e riaprendone un altro, c’è anche la rappresentazione grafica del segno, la quale è formata da due pesci che si muovono in direzioni opposte, che potrebbero rappresentare passato e futuro, come se volesse purificare gli eventi che abbiamo vissuto nel passato, nelle esperienze che abbiamo già vissuto, e allo stesso tempo ci portasse a sentirci pronti per trasformare qualcosa o accogliere il nuovo.

Il segno dei Pesci non ha confini, li trascende per dissolversi nel tutto; rappresenta l’infinito, è imprevedibile, sfuggente ed estatico, è spirituale, intuitivo, sognatore. Ci immerge nell’inconscio e ci mette in connessione con l’aspetto più spirituale della vita e con la nostra stessa anima; ci spinge ad aprirci all’immaginazione, all’intuizione, alla divinità, alle emozioni. Ed ha una grande propensione per dedicarsi agli altri: proprio perché trascende i confini, sente ciò che sentono gli altri, e da qui il suo desiderio di aiutarli quando sente che soffrono. E guarda caso, l’archetipo del numero sei è l’Angelo: compassionevole, generoso, altruista, si dedica agli altri, protegge chi è più vulnerabile.
Ma se il sentire e il sentirci da una parte ci permettono di imparare a fidarci della nostra voce interna, dall’altra possono portarci alla necessità di sfuggire alla realtà. E questo può significare trovare rifugio in qualcosa di esterno, come ad esempio in sostanze stupefacenti o comportamenti sregolati ed eccessivi.

Come dico sempre, integrare la medicina della polarità opposta è ciò che ci aiuta a ritrovare l’equilibrio e a tornare all’unità. La polarità dei Pesci è il segno della Vergine: se il primo è imprevedibile, sfuggente e caotico, il secondo rappresenta i dettagli, è scrupoloso, focalizzato e concreto.
Pertanto, l’ordine della Vergine ci potrà dare concretezza per non correre il rischio di sfuggire alla realtà, e per permetterci così di utilizzare la fede e la resa totale (qualità dei Pesci) senza però perdere i nostri confini. Come possiamo utilizzare l’energia della Vergine?! Creando dei piccoli rituali magici che ci aiutino a ritrovare un ordine.

Quindi accingiamoci ad accogliere questo nuovo anno con una nuova energia e nuovi sogni da realizzare, avendo il coraggio (“avere cuore”) di contattare la nostra anima e la nostra bellezza più profonda, che il numero sei rappresenta l’amore incondizionato (il messaggio mistico del numero sei secondo gli insegnamenti di Yeshua è “Il potere della preghiera e la bellezza come codici del Divino Femminino”).
La guarigione la troviamo nel cuore, luogo di unione delle polarità, punto di equilibrio tra l’alto e il basso, la destra e la sinistra, il dentro e il fuori, il maschile e il femminile.

Ahava, Francesca Zangrandi

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