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Oggi, 21 dicembre, inizia l’inverno, il momento in cui la natura si riposa per prepararsi a vivere un nuovo ciclo, ed anche per noi sarebbe fisicamente opportuna una pausa: Madre Natura ci invita ad imitarla prendendoci cura di noi, accogliendo la tranquillità, lasciando il ritmo frenetico all’esterno per goderci il silenzio interiore.
Rispettare questo momento di silenzio e calma è importante per rigenerare ciò che è stato produttivo per nove mesi: come un cespuglio non può dare fiori tutto l’anno, così noi abbiamo bisogno di centrarci nuovamente in noi stessi per poterci riattivare in primavera con una forza vitale rinnovata.
E domani si celebrerà il solstizio d’inverno, il capodanno astronomico, la notte più lunga dell’anno, il momento in cui il Sole è al suo minimo splendore.
Solstizio deriva dal latino “sol stat”, che significa “il sole sta fermo”: il sole per tre giorni sorgerà sempre nello stesso punto, poi riprenderà la sua fase ascendente e le ore di luce aumenteranno gradualmente di giorno in giorno. Quindi per tre giorni il tempo sembra fermarsi e tutto pare sospeso, in attesa di una trasformazione.
Pertanto, il solstizio segna il passaggio dal momento più buio al ritorno del Sole: la Dea dà alla luce il nuovo Sole, rinascendo dall’oscurità. E se ci pensiamo, incontrarsi nell’oscurità del ventre di Madre Terra e credere nel ritorno del Sole era un momento importante e di grande affidamento per le società che, senza elettricità, dipendevano completamente da questo astro.
E questa rinascita del Sole è sempre stata celebrata in tutto il mondo: per esempio, per i gallo-celtici era Alban Arthuan, per i popoli nordici Jul, per i russi Karatciun (giorno più corto), ecc… A Roma si festeggiava il Natale dell’Invitto, “N. Invicti”: l’Invitto altri non era che il Sol Invictus, divinità solare introdotta dall’imperatore Aureliano (ma il culto del Sole c’era già da tempo grazie all’identificazione di Apollo con Helios e all’estendersi del mithraismo).
Il Natale del Sole Invitto era stato però fissato qualche giorno dopo il solstizio, al 25 dicembre, giusto quando il sole era salito percettibilmente sull’orizzonte dopo i tre giorni passati nella stessa posizione. Si celebrava con cerimonie, giochi e feste spettacolari che attiravano molti cristiani, tanto che la chiesa romana iniziò a preoccuparsi della straordinaria diffusione dei culti solari e del mithraismo, e alla fine pensò di celebrare nello stesso giorno il Natale del Cristo come vero Sole.
Come tutti i momenti di passaggio, il solstizio d’inverno è un periodo carico di valenze simboliche e costellato di miti ed echi ancestrali dei quali ormai abbiamo perso il significato originario.
Le feste celtiche celebrano il solstizio invernale con Yule, il periodo della quiete, la festa della Madre dell’Aria. Per i Celti durante i solstizi si sfidano due dèi o Re: il Re Quercia, dio dell’Anno Crescente, e il Re Agrifoglio, dio dell’Anno Calante; e nel momento del solstizio d’inverno il Re vittorioso è il Re Quercia, assicurando così la rinascita della luce.
Maestosa, solida, forte e resistente, la Quercia è stata quasi sempre considerata il re degli alberi. È curioso che in diverse lingue questo albero sia considerato femminile; e nelle culture matriarcali la Quercia era l’albero della Dea Madre, e le sue caratteristiche si manifestavano nelle donne: la maestosità, solidità e forza stavano nella morbidezza, nell’essere ospitale e nel nutrire. L’ospitalità della Quercia è rivelata dal fatto che nutre un’infinità di insetti e animali, ma anche gli uomini, in caso di necessità, possono mangiare le ghiande.
La parola tedesca per albero di Natale non è Kristenbaum ma Tannenbaum, parola collegata a Tinne o Glas-Tin (gli alberi sacri dei Celti). La parola Tin o Tanne era usata per una quercia sempreverde e da essa deriva il nome tannino (un’alta concentrazione di acido tannico rende la corteccia della quercia molto astringente, motivo per cui si può usare per la concia delle pelli), quindi abbiamo un ulteriore rinvio al Re Quercia. Inoltre, in Irlanda le decorazioni di agrifoglio, associate al Dio dell’Anno Calante, vengono spazzate via dalle case dopo Natale perché porta sfortuna conservare i simboli dell’Anno Vecchio.
È il momento in cui siamo più lontani dal Sole, ma siamo consapevoli della sua rinascita, quindi cerchiamo di contattare la scintilla del nuovo Sole nella silenziosa e oscura profondità del nostro essere. Alester Crowley scrisse che “ogni uomo è una stella”, ovvero che in ognuno di noi c’è un principio luminoso, un semino di luce, con cui dovremmo identificarci.
E lo Spirito della Quercia, insieme al solstizio e al Natale, ci dà la possibilità di celebrare la rinascita della luce dentro di noi e quindi poter percepire la luce cristica dentro di noi. L’energia cristica ci viene donata affinché possiamo ricordare che siamo esseri meravigliosi: siamo infinito tempo, infinito spazio e suono; siamo infinita vibrazione in eterna trasformazione e in eterno movimento; siamo pura coscienza e puro amore.
Buon solstizio, e che il nostro semino di luce possa sempre splendere! Francesca Zangrandi

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